Quella più pesante arriva da un caso specifico: il progetto Agora Underground, nato per aiutare tutti quegli adolescenti che a causa di ansia e traumi scolastici non riescono più a frequentare fisicamente la scuola rimanendo a casa e di fatto abbandonando il percorso educativo.
Lo scopo di questo programma era offrire un porto sicuro e, usando le loro parole, creare un "primo soccorso educativo". Le interazioni avvenivano quasi esclusivamente tramite strumenti digitali. Studenti e studentesse lavoravano da casa, ma almeno si dedicavano a costruire qualcosa. L'obiettivo primario non era il recupero scolastico immediato, ma ricostruire la fiducia, ristabilire una routine quotidiana. Si lavorava sempre su progetti, basati sui loro interessi. Erano previsti incontri online a inizio e a fine giornata.
Chi potrebbe mai criticare un progetto come questo? Il Ministero dell’Istruzione olandese.
Ha condotto un'indagine specifica, ha rilevato che non garantiva l'obbligo scolastico e che non aveva l'autorizzazione per far sostenere gli esami di stato ufficiali in quel contesto specifico. Verdetto: continuate pure così, ma il diploma non verrà riconosciuto a queste persone.
Dopo averlo dichiarato "illegale", Agora Underground si è fermato.
Questa vicenda è diventata un caso di studio importante nei Paesi Bassi: ha tracciato una linea chiara tra la flessibilità pedagogica consentita e i limiti imposti dalla legge sull'istruzione.
Anche in Olanda, sembrerebbe, a volte si guarda più al foglio di carta che ai veri bisogni di chi deve conseguirlo.
Oltre ai limiti normativi, ci sono anche delle domande aperte sul metodo. Un esempio è la riflessione di Davide Taviani, che nel suo articolo su Medium intitolato "A new kind of school in Roermond: Agora", pubblicato il 27 gennaio 2017, si domanda (traduco dall'inglese):
"E se si imbattessero nella Flat Earth Society e prendessero le loro informazioni per vere? E se, facendo ricerche sulla Shoah, trovassero siti web negazionisti? In un mondo in cui, negli ultimi mesi, la politica è stata dominata dalla post-verità, questa è certamente una domanda preoccupante."
Sicuramente la figura del coach, in questo, assume un ruolo fondamentale. Il rapporto però è di 1 a 17, non scordiamolo. Viene spontaneo chiedersi: quanto si riesce a seguire ogni persona in maniera costante e chirurgica? Quanto si è in grado di monitorare e quanto invece è lasciato al buon senso e all’iniziativa dello studente o della studentessa?
Mi domando: Agora è un modello che può funzionare per tutti e per tutte? La risposta è NO.
Non lo penso solo io: gli stessi fondatori mettono in guardia dichiarando che "questo modello non è per chiunque".